Quattro chiacchiere con Lucy, un vombato australiano che racconta la vita down under in maniera decisamente insolita.
Non ho mai conosciuto Lucy di persona. In realtà non credo di aver mai neppure visto una fotografia di Lucy. Chiariamo, conosco ormai abbastanza bene il suo alter-ego sotto forma di vombato australiano. Un simpatico animaletto che racconta aneddoti di vita quotidiana in pieno stile down under ma non solo. Sul suo blog, Lucy the wombat, racconti ironici e divertenti si mescolano a ferite del passato che forse mai si rimargineranno.
Leggere gli articoli è al tempo stesso ridere a crepapelle e sentire il sale che brucia ancora su un taglio troppo profondo da rimarginare. Eppure, nonostante la profondità dei messaggi racchiusi nei suoi post, l’ironia che traspare da ogni parola diventa un marchio di fabbrica.
Niente è scontato, chicche uniche e alquanto impensabili la fanno da padrone. Pensate che grazie a Lucy ho scoperto dell’esistenza di un museo della cacca a Richmond (Australia). Avete capito bene, avreste mai pensato che una cosa del genere potesse esistere per davvero?
4 chiacchiere con Lucy il vombato australiano
Ecco perché sono emozionata oggi di fare una chiacchierata con Lucy, perché in tutta sincerità non so davvero cosa aspettarmi! 🙂
Ciao Lucy, benvenuta nel salotto di Oltre le parole. Allora, parlaci di te e di com’è nata l’idea del tuo blog.
Ciao Simona, grazie per l’invito, di cui sono molto onorata!
Il mio destination blog nasce nel 2017 poco dopo il mio arrivo in Australia, dove sono emigrata senza conoscere nessuno e con un bisogno quasi disperato di esprimermi. Prima vivevo a Parigi, dove la mia vita è stata sconvolta da un trauma (di cui ho ampiamente parlato sul blog e che ora non nomino, basti dire che nel 2015 ha fatto tanti morti in una sola sera), che mi ha proprio cambiata come persona. Ma da subito ho iniziato a raccontare anche della mia vita a testa in giù e dei posti che scoprivo.
Lucy per essere precisi è il vombato australiano che ho inventato per patrocinare il blog: un’artigliata bestiola australiana che mi trotterella accanto e conosce sempre la verità delle cose. Il mio nome non l’ho ancora scritto da nessuna parte. In un’epoca in cui metterci la faccia è essenziale, amo la sfida di farmi seguire e riconoscere anche se non mi firmo, e scrivo davvero liberamente. Ma è possibilissimo che domani cambi idea!
Secondo te qual è l’aspetto più difficile da capire del nostro “mondo” per chi non ha la nostra stessa passione?
Sono due. Il primo: curare un blog è un investimento emotivo enorme. Ci vogliono ore di lavoro tra ricerca, scrittura, sistemazione delle immagini, ottimizzazione SEO, promozione, e tutto perché non riusciamo a tenere per noi certe emozioni, visto che non ci guadagniamo un centesimo. Perciò la voglia di fare rete con altre blogger, che mi sta dando tanto anche umanamente, è un sentimento che prima non avrei capito.
Secondo: per farci conoscere, soprattutto se non vogliamo cedere ai ricatti delle piattaforme, possiamo contare praticamente solo su due armi, che sono commenti e condivisioni dei post. Ed è strano come il supporto maggiore venga soprattutto da persone che non ti conoscono e su cui fai colpo, piuttosto che dagli amici che dicono di adorarti e che poi però, piuttosto che reagire a un tuo post e renderlo automaticamente visibile ad altri, si staccherebbero via un dito. Concordi?
Qual è il primo ricordo legato a un viaggio che ti viene in mente?
Girare l’Irlanda in auto nel 2016, il primo viaggio della seconda parte della mia vita (che il trauma a cui accennavo prima ha letteralmente diviso in un “prima” e un “dopo”). Ero stata così tanti mesi immersa nello stress post-traumatico e in un senso di morte, che girare libera per colline, scogliere e paesaggi lunari, sotto lo sguardo ovino e benevolo delle pecore dal muso nero, mi ha ridato la pace.
Viaggiando ti è mai capitato di scoprire una meta che secondo te viene sottovalutata?
La Tasmania, che prima di trasferirmi down under non sapevo neanche dove fosse. È diventata l’isola australiana del mio cuore, raggiungibile in meno di un’ora di volo da Melbourne, dove vivo. Per la gente di qui, è poco più di un posto un po’ inselvatichito dove andare a prendere il fresco e fare ottime escursioni; per me è una terra con il giusto mix di cultura, storia e spazio vitale naturale. Si incontrano tantissimi animali selvatici meravigliosi, spesso endemici. Quando sono lì, il mio corpo mi chiede di non andarmene mai più.
Se ti chiedessi qual è una meta che sogni da tempo, cosa ti verrebbe in mente in questo preciso momento?
Dall’Australia, mi piacerebbe fare una spedizione turistica in Antartide, ma non credo sia giusto. Quello è un turismo che non deve diventare di massa. I costi sono proibitivi, quindi il problema per me non si pone.
Invece un mio sogno, lo confesso, interamente consumista e figlio del capitalismo è quello di dormire in una palafitta sul mare dell’Oceania, svegliarmi (ovviamente già hollywoodianamente truccata e perfetta) e tuffarmi nel mare verde facendo ciao ai pesci colorati.
Come scegli la destinazione dei tuoi viaggi?
In Europa ho viaggiato per anni, soprattutto nelle capitali, in base alle offerte Ryanair. Voli a 99 centesimi o a 4 euro… benedetta Europa! In America amo seguire le tracce di miti cinematografici o musicali. Sull’Asia sono stata a lungo diffidente, poi l’anno scorso ho visto il Vietnam e mi si è aperto un mondo.
In Australia finora ho privilegiato le capitali degli Stati, e poi tanta natura e parchi faunistici. Quaggiù quando scopro chicche storiche mi entusiasmo da matti, visto che ce ne sono molte meno.
C’è un aneddoto legato a un viaggio a cui sei particolarmente legata?
Sono legatissima a una pratica che ho dovuto sospendere da quando sono qui: girare l’Italia e l’Europa insieme a un gruppetto di care amiche, per seguire più date dei concerti del nostro gruppo preferito. Ci vediamo tutte insieme solo in quelle occasioni, facciamo turismo normale ma anche turismo musicale dei palazzetti e degli stadi. L’aneddoto: una sera, al ritorno in ostello dopo un concerto, ho scoperto che erano passati dei ladri da alcuni zaini chiusi in deposito, e a me avevano rubato le mutande usate!
Secondo te quanto è difficile riuscire a trasmettere a chi legge le emozioni legate al viaggio, piuttosto che fornire informazioni utili e basta?
Nei racconti di viaggio è una bella sfida, per un motivo particolare. Trovo che il “trasmettere emozioni”, certamente essenziale, si stia trasformando in un diktat che anche chi non è troppo capace si impone di seguire. Rischia di succedere un po’ come su Instagram, dove tutti a furia di voler “influenzare” mostrano le stesse foto, le stesse angolazioni, gli stessi filtri. Non dobbiamo permettere che accada anche con la scrittura. Servono un proprio stile e una propria voce.
Ammiro molto chi cerca di fare della propria passione anche il proprio lavoro. Anche io nel mio piccolo cerco ogni giorno di avvicinarmi sempre più alla realizzazione del mio sogno. Mi accorgo però che siamo sempre più là fuori. Cosa suggerisci a chi si affaccia a questo nuovo mondo?
Umiltà, amore e cura.
Oggi un blog di successo, a meno che non scelga di delegare parte del lavoro, deve saper usare bene tantissime risorse e competenze diverse. Suggerisco quindi di iniziare quanto prima ad imparare, per non smettere mai. Anche questo è un viaggio bellissimo, se vogliamo. Io sono solo agli inizi.
Più che un modo per guadagnare direttamente, vedo il blog come un’opportunità per arricchire noi stesse, per tutte le virtù che insegna: dalle conoscenze tecniche, al marketing, al valore della scrittura per sé e per gli altri (che sono due cose diverse). Senza dimenticare i rapporti umani o networking, perché un blog lo fanno anche i lettori, e molto. Lo scopo finale è parlare a loro, dar loro qualcosa! Il lavoro semmai può arrivare come conseguenza di queste transferable skills, come dicono qui.
Infine imploro: se non si sa scrivere in un buon italiano, è necessario farsi rivedere i testi da qualcuno. Il problema là fuori è reale e drammatico, anche se tabù.
Potresti suggerirci 3 blog che segui e leggi volentieri?
Ne leggo tantissimi, per imparare e per combattere l’isolamento degli antipodi.
Come travel blog trovo perfetto Pasta Pizza Scones, per i temi, la scrittura e l’affidabilità – oltre che per il merito di aver fondato la nostra bella community delle Travel Blogger Italiane. In altri ambiti: Rosa per Caso sta facendo un lavoro fenomenale in favore delle donne. La Sottile Linea d’Ombra racconta benissimo l’arte e la poesia adattandosi bene ai tempi rapidi di oggi, scritto da due ragazze molto preparate e appassionate. Infine (ops, sono 4!), riguardo alla scrittura in sé, adoro Vita da Editor di Giovanni Turi.
Simona, ti ringrazio ancora di cuore per questa bella chiacchierata virtuale!
Grazie a te Lucy per esserti aperta e raccontata a noi tutti. Non vedo l’ora di scoprire quale altra curiosità australiana tirerà fuori il tuo alter-ego, il vombato australiano. Certo battere il museo della cacca non sarà facile, ma ormai mi aspetto davvero di tutto da voi!
Ecco perché monitorerò con attenzione i profili di Lucy:
Web: Lucy the wombat
IG: Lucy the wombat
FB: Lucy the wombat